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Proteste ambientaliste contro lo Sblocca Italia e le energie fossili

Ultimo aggiornamento: 08-10-2014

Nel decreto legge soprannominato “Sblocca Italia”, sono contenute molte misure che secondo le intenzioni del governo dovrebbero aiutare il paese a ripartire, superando almeno in parte la crisi economica in atto.

Tuttavia sono diversi i punti controversi del decreto, che ha unificato sotto di sè i provvedimenti più diversi. Non ultimo in ordine di critica è il capitolo relativo allo sfruttamento delle fonti fossili di energia, aspramente criticato dalle associazioni ambientaliste come Greenpeace, Legambiente e Wwf.

Le tre associazioni italiane hanno chiesto al Governo l’annullamento del articolo n°38 del decreto relativo alla valorizzazione delle risorse energetiche nazionali. Infatti secondo loro la politica di presunta valorizzazione voluta dal governo di Matteo Renzi sarebbe in totale contrasto con gli intenti annunciati dal premier al summit ONU sul clima appena terminato, durante il quale è stata espressa al volontà di ridurre il riscaldamento climatico in atto attraverso precisi impegni.

Decisamente controcorrente quanto contenuto nel decreto citato, che promette indirettamente la crescita di ben un punto di Pil solo tramite lo sfruttamento delle risorse energetiche non rinnovabili presenti nel paese. Secondo gli ambientalisti le stime di crescita di un punto di prodotto interno lordo sarebbero però poco credibili in quanto manca innanzitutto una valutazione ambientale strategica.

fonti fossili

Secondo le tre associazioni poi, anche considerando le stime effettuate dal Governo, anche estraendo tutto il petrolio presente nel sottosuolo nazionale e in mare, l’oro nero estratto sarebbe sufficiente per soli circa quattro mesi di fabbisogno italiano. Questa valutazione è di fondamentale importanza soprattutto per la piccola Basilicata, che vedrebbe interessato dalla ricerca del combustibile fossile circa il 75% del proprio territorio.

Un’attenzione particolare merita poi l’estrazione del petrolio dai fondali marini che solo nell’ultimo anno ha esteso la propria area di interesse di 5.000 chilometri quadrati. L’attività non fa altro che incrementare il già altissimo traffico di idrocarburi presente nel mar Mediterraneo, con un innalzamento dell’inquinamento che sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza del Mare Nostrum.

Già prima dell’approvazione del decreto, le associazioni ambientaliste si erano mosse per evitare l’inserimento di questa tipologia di piano energetico.

A settembre Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, dalle pagine del sito aveva criticato il piano Renzi per l’estrazione di tutte le risorse fossili disponibili, in quanto esse non sarebbero sufficienti nemmeno per coprire il fabbisogno nazionale di un solo anno.

Il rapporto tra benefici e danni ambientali sarebbe quindi fortemente sbilanciato verso questi ultimi, fattore che ancora una volta fa comprendere come una svolta vera e definitiva verso le rinnovabili sia la scelta più conveniente per l’ambiente e per il paese.

“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”

Alessandro Fuda

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