La Circolare 36 E del 19 dicembre 2013 dell’Agenzia delle Entrate è la normativa che regola gli aspetti catastali e fiscali degli impianti fotovoltaici. Ogni impianto fotovoltaico, che venga installato sul tetto di una casa, di un condominio, di un capannone o su un terreno, occupa una superficie che può essere asservita ad un edificio oppure può rappresentare una entità “produttiva” autonoma. Nel primo caso il fotovoltaico viene utilizzato per contribuire al fabbisogno energetico di una utenza situata “sul posto”, nel secondo caso l’impianto viene utilizzato come un mera attività economica che produce e vende energia alla rete elettrica. Questo secondo tipo di installazione è quella che ha dominato il mercato nel periodo in cui fiorivano gli incentivi: dal 2006 al 2014. Oggi, per la gran parte, si installano piccoli e medi impianti al servizio di edifici.
Qualunque sia l’ambito di installazione di un impianto fotovoltaico, la normativa prevede la sua classificazione come “bene mobile” o “bene immobile”. A seconda che l’impianto si configura come bene mobile o immobile ha una diversa classificazione catastale e, di conseguenza, un diverso trattamento fiscale. La Circolare 36 E del 19 dicembre 2013 dell’Agenzia delle Entrate ci aiuta a fare un po di chiarezza sugli aspetti catastali e fiscali degli impianti fotovoltaici.
Ecco cosa prevede la normativa secondo la Circolare 36 E 2013 dell’Agenzia delle Entrate (ex Agenzia del Territorio).
Vediamo prima gli aspetti catastali degli edifici che ospitano gli impianti fotovoltaici, poi gli aspetti fiscali.
Gli aspetti Catastali degli edifici che ospitano impianti fotovoltaici
Come ben sappiamo ogni edificio, ogni “bene immobile”, deve essere mappato a classificato al Catasto, ex Agenzia del Territorio.
Come cambia la categoria catastale di un edificio che ospita un impianto fotovoltaico?
In linea generale, tutti gli impianti fotovoltaici di modesta entità come, ad esempio, tutti gli impianti domestici realizzati principalmente per far fronte ai bisogni energetici dell’abitazione, non modificano la categoria catastale dell’edificio.
Gli edifici che ospitano, invece, “centrali elettriche a pannelli fotovoltaici” vengono classificati al catasto nella categoria “D1 – Opifici” e come tali, dal momento in cui vengono installati i pannelli, modificano la loro rendita catastale.
Per gli impianti posti “su edifici” (o loro pertinenze) non c’è obbligo di accatastamento come unità immobiliare autonoma e, solo in alcuni casi specifici, bisogna comunicare la variazione al catasto per far ricalcolare la rendita catastale dell’edificio.
In altre parole: se metto l’impianto sul tetto di casa o dell’azienda, l’impianto viene considerato “assimilato” all’edificio e, solo in un caso specifico, modifica la rendita catastale dell’edificio su cui viene realizzato.
In quali casi l’impianto fotovoltaico modifica la rendita catastale dell’edificio su cui viene installato?
L’impianto modifica la rendita catastale dell’edifico, ed è quindi obbligatorio farne comunicazione in Catasto, solo se la sua realizzazione aumenta il valore capitale dell’edifico di almeno il 15%. O se aumenta del 15% la sua “redditività ordinaria”.
In quali casi non bisogna fare nessuna comunicazione al Catasto?
Qui la circolare 36/E è chiara. Non si è obbligati a comunicare alcunchè al Catasto se:
- l’impianto fotovoltaico è uguale o minore ai 3 kW di potenza
oppure
- nel caso di condomini, l’impianto ha una potenza inferiore al triplo del numero degli appartamenti presenti nel condominio (si fa riferimento, in questo caso, agli impianti al servizio delle utenze comuni condominiali),
oppure
- nel caso degli impianti installati “a terra”, il Volume dello Spazio occupato dai pannelli è inferiore ai 150 metri cubi (per l’altezza si fa riferimento all’asse mediano orizzontale dei pannelli e per l’area ci si riferisce alla superficie complessiva occupata dall’impianto).
In quali casi gli impianti fotovoltaici si integrano con l’attività agricola?
Gli edifici rurali censiti autonomamente, produttori di reddito agricolo e che ospitano impianti fotovoltaici vengono classificati al catasto nella categoria “D10 – fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”.
In questo caso, per classificare l’impianto fotovoltaico come “connesso” all’attività rurale, è necessario dimostrare la natura “agricola” dell’attività, i cd. “requisiti di ruralità”, ed avere alcuni requisiti specifici che caratterizzano il sito di installazione: deve esistere l’azienda agricola, devono esserci terreni e fabbricati connessi all’attività, deve esserci un fondo di almeno 10.000 metri quadrati e le particelle catastali di questo fondo devono essere iscritte al catasto terreni.
Gli impianti fotovoltaici sono beni mobili o beni immobili?
Ora che abbiamo definito alcuni aspetti catastali degli impianti fotovoltaici, abbiamo i criteri per capire se e quando un impianto viene considerato un “bene mobile” o un “bene immobile”. In base a come si configura l’impianto, avremo un diverso inquadramento fiscale.
Un impianto fotovoltaico è considerato un “bene immobile” quando va dichiarato in Catasto, anche ai soli fini dell’aggiornamento della rendita catastale dell’edificio a cui è asservito. In particolare il fv è un “immobile” quando:
- costituisce una centrale di produzione di energia elettrica censita in Catasto in maniera autonoma nella categoria D1 – Opificio o nella categoria D10 – fabbricati connessi ad attività agricola
- l’impianto realizzato comporta l’obbligo di comunicazione in Catasto, anche solo per la variazione della rendita catastale. Secondo quanto scritto sopra, dunque, l’impianto deve incrementare il valore capitale dell’edificio di almeno il 15%.
Un impianto fotovoltaico viene invece considerato un “bene mobile” in tutti gli altri casi, ovvero quando, come visto sopra, non è necessario fare alcuna comunicazione al Catasto.
Da notare che con la Legge di Stabilità 2016 sono stati fatti alcuni aggiustamenti riguardo ai criteri di determinazione della rendita catastale degli edifici. Gli impianti fotovoltaici non concorrono più in alcun modo alla stima della rendita catastale dell’immobile (se non sono completamente integrati all’edificio stesso). Si veda la Circolare 2 E del 1 febbraio 2016 dell’Agenzia delle Entrate.
Gli aspetti Fiscali degli impianti fotovoltaici
Chiarito quando un impianto è considerato un “bene mobile” e quando è invece un “bene immobile” la Circolare 36/E 2013 dell’Agenzia Entrate chiarisce le conseguenze fiscali che questo inquadramento comporta per gli impianti fotovoltaici.
Se l’impianto fv si configura come un “bene mobile” e si inquadra all’interno di un’attività di impresa il costo sostenuto per la sua realizzazione è un costo deducibile a titolo di ammortamento e il coefficiente di ammortamento è del 9%.
A tal proposito ricordiamo che con la legge di stabilità 2016 la “base” per l’ammortamento non è più il costo dell’impianto, ma il costo dell’impianto maggiorato del 40% (super ammortamento del 140%).
Se l’impianto costituisce, invece, un “bene immobile” è ancora deducibile a titolo di ammortamento per le imprese, ma non più (dal 2010) per i lavoratori autonomi e le associazioni professionali. In questo caso l’aliquota di ammortamento è del 4%.
L’IVA per gli impianti fotovoltaici
L’impianto fotovoltaico classificato in categoria D1 o D10 è un “bene immobile strumentale”. In linea di massima, se l’impianto è un bene immobile e strumentale ad attività di impresa, a parte alcune eccezioni, la sua cessione o locazione è esente dall’IVA.
Se invece l’impianto è un bene mobile, il suo acquisto, l’acquisto di singole componenti, l’installazione e tutti i servizi ad esso legati sono sottoposti ad IVA con aliquota al 10%.
Per scaricare il testo integrale della Circolare 36 E del 19 dicembre 2013 dell’Agenzia delle Entrate clicca qui (formato pdf).
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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