Inizialmente sottovalutato, il problema dello smaltimento e riciclo dei pannelli fotovoltaici a fine vita è tornato alla ribalta, complice la parziale modifica alla direttiva europea WEEE 2002/96/CE, che inizialmente comprendeva modalità e obblighi per il disuso delle apparecchiature elettroniche e che solo nel 2011, a seguito di una nuova rivisitazione, ha incluso i pannelli fotovoltaici nei materiali da smaltire a cura e obbligo del produttore.
Già prima della sua entrata in vigore ambientalisti ed economisti si sono interrogati sul corretto ciclo di riutilizzo, non producendo che sterili critiche e potenziali flop, ragionando in un’ottica di mercato e profitto, senza scorgere il fondamentale lato sociale della vicenda.
A rimodulare il comparto, intraprendendo la strada di un sistema unico europeo per lo smaltimento e riciclo dei pannelli fotovoltaici è stata la Ceres, un’associazione no-profit di diritto francese che è stata capace di ridisegnare la mappa dello smaltimento obbligatorio dei pannelli, affiancando il business alla sostenibilità ed economicità dell’azione, attraverso un ciclo snello, e dall’impatto economico pari a zero per il cliente finale, dei nuovi pannelli fotovoltaici .
Infatti la Ceres permette, dietro una ridotta royalty annuale, a tutti i produttori di pannelli fotovoltaici, di aderire al proprio programma di raccolta, invio e successivo smaltimento, armonizzando con singolari procedure e accordi tanto le norme di diritto comunitario quanto le singole legislazioni nazionali.
Il partner ufficiale della Ceres risulta essere la Photocycle Industries, azienda pioniera nella conversione e riutilizzo dei pannelli fotovoltaici esausti.
Il ciclo Ceres è dunque una sorta di sistema operativo open source dove i vari attori, produttori, installatori, manutentori e spedizionieri, funzionano come parti di uno stesso software. Attraverso accordi transnazionali il Centro Europeo per il riciclo dei pannelli solari (il cui acronimo è appunto CERES) conclude accordi commerciali bilaterali con tutti i produttori che ne fanno richiesta, senza esclusive territoriali. Una volta esauritosi, il prodotto smontato viene imballato ed inviato al centro di stoccagghio, dove il rifiuto viene trattato in base alla propria composizione chimica. Nei pannelli fotovoltaici di ultima generazione si procederà allo smaltimento del silicio, non altro che sabbia, ed al recupero di alcuni importanti metalli quali selenide, indio e gallo, che proprio per l’utilizzo massimo nella produzione, sono divenuti ormai molto richiesti.
Discorso a parte per le sostanze altamente tossiche che devono essere smaltite a fine ciclo produttivo e presenti nelle due tecnologie realizzative attualmente industrializzate per la costruzione dei pannelli fotovoltaici: il seleniuro di idrogeno, presente nei CIS, oltre a rame, indio e selenio, ed il telloruro di cadmio per i CdTe; questi materiali risultano essere potenzialmente cancerogeni, ecco un ulteriore motivo che ha spinto l’Unione Europea alla variazione normativa e l’obbligo di smaltimento in capo ai costruttori.
Le ultime statistiche sulla raccolta, in linea con le previsioni di crescita fatte nel 2010 dal Ceres, forniscono un dato fondamentale per una visione d’insieme dell’impatto ecologico ed economico del riciclo a fine vita dei pannelli fotovoltaici; nel solo primo trimestre del 2012 il Ceres ha ricevuto e smaltito 500 tonnellate di materiale, con un numero di aziende aderenti al programma che in soli 30 giorni è cresciuto di 10 unità, segno che un sistema unico di raccolta e smaltimento, a livello europeo, non è affatto una chimera.
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“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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