Il 17 aprile 2016, nel quasi silenzio dei media televisivi, si terrà un referendum popolare per decidere se abrogare o meno l’utilizzo delle trivelle per l’estrazione di petrolio e gas metano dal mare.
Chiariamo subito una cosa: il referendum del 17 aprile non riguarda le trivellazioni “su terraferma“, nè le trivellazioni fatte in acque internazionali (cioè oltre i 22 km dalla costa). L’esito del referendum, inoltre, non sarà “ad effetto immediato”: se vinceranno i SI le trivelle interessate saranno fermate “allo scadere delle loro concessioni”.
Il referendum ferma-trivelle riguarda la possibilità di bloccare lo scempio delle trivellazioni in mare entro i 22 km dalla costa. Non è il massimo, ma può essere un primo passo, almeno per preservare le coste, il turismo e le bellezze dei nostri territori marini. Non è il massimo, ma, già come primo “effetto deterrente”, ha avuto l’esito di scoraggiare le mire degli investimenti di Shell sul Golfo di Taranto.
Dunque, alla domanda: “Volete fermare i giacimenti in attività quando scadranno le loro concessioni?” Se verrà raggiunto il Quorum e se vinceranno i SI, le piattaforme marine di estrazione di petrolio situate entro i 22 KM dalla costa verranno fermate allo scadere delle loro concessioni. In caso contrario le piattaforme petrolifere situate in acque nazionali continueranno ad estrarre petrolio e gas metano. In ogni caso, per ora, le piattaforme “on shore” e quelle in acque internazionali non sono messe minimamente in discussione.
Ovviamente il silenzio del governo e della politica italiana su questo referendum pesa come “mille petroliere” sull’opinione pubblica degli italiani. La politica governata da lobby ha evidentemente scelto di puntare sull’astensionismo: sul mancato raggiungimento del quorum. Non tutta la politica, ovviamente, ma di sicuro quella di governo.
Dal basso, come sempre, le cose sono diverse: numerose le mobilitazioni di cittadini, associazioni e istituzioni locali. Legambiente ha lanciato la campagna “Staffetta dei Sindaci” per dare voce ai primi cittadini favorevoli al SI e per portare le ragioni referendarie all’attenzione dei propri cittadini. Dal basso, dai contesti locali, è possibile far crescere la consapevolezza sull’importanza della consultazione referendaria. Questo affinchè ogni cittadino abbia il diritto di scegliere liberamente e in maniera democratica il futuro energetico del proprio paese.
Anche considerando gli (esili) impegni presi poco tempo fa a Parigi, durante la COP21 (Conferenza Internazionale sul Clima), traspare chiaramente come ogni politica attuata oggi a favore di gas, petrolio, trivelle e carbone, appaia del tutto fuori luogo e inadeguata. Gli accordi internazionali sul clima rischiano prima o poi di inficiare al “buon esito” degli investimenti sulle fonti fossili.
Le fonti fossili rappresentano ormai il passato delle politiche energetiche. Il futuro si sviluppa sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica: le energie pulite sono arrivate a coprire il 40 per cento del fabbisogno elettrico in Italia ed il 16 per cento del fabbisogno energetico (elettrico + termico). Sono già oltre 850 mila gli impianti che producono energia pulita in Italia e sono già numerose le centrali termiche che, ormai obsolete e antieconomiche, chiudono i battenti sotto i nostri occhi.
Non solo, anche sullo scenario internazionale i paesi che tradizionalmente vivono sul petrolio (si pensi ai paesi arabi) si stanno già riorganizzando per una graduale transizione energetica verso lo sfruttamento delle fonti rinnovabili.
Stà ai cittadini decidere. Non alla politica, nè alle lobby, nè ai petrolieri.
Il 17 aprile #VotaSì per dire #STOPTrivelle
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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