C’è chi lo ha definito una sorta di miracolo della diplomazia internazionale e chi invece, vede l’accordo sul clima di Parigi come una presa di posizione timida sotto molti punti di vista.
Accordo COP21: differenziato, giusto e durevole?
Riprendiamo le parole di Laurent Fabius, presidente della COP21, che ha definito l’accordo finale come “differenziato, giusto, durevole“. Secondo le dichiarazioni riportate dalla stampa, l’accordo raggiunto dai 195 stati che hanno preso parte alla conferenza di Parigi sul clima sarebbe a suo parere il migliore accordo possibile, una sorta di “miracolo” della diplomazia. Se è vero che l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia di 1,5°C, quindi ancora più basso dei 2°C previsti inizialmente può essere definito un successo, è anche vero che molti punti possono essere giudicati insoddisfacenti, come affermato tra gli altri da Pascal Acot, esperto di scienze climatiche e ambientali.
Pascal Acot: un accordo debole
In un recente articolo Pascal Acot ha definito l’accordo debole dal punto di vista delle emissioni mondiali, in quanto la riduzione delle emissioni da parte dei singoli stati è stata rimandata ad un futuro “quanto prima“, e non ha quindi termini temporali vincolanti. Inoltre nell’accordo finale di Parigi sarebbero scomparse le percentuali di riduzione delle emissioni inizialmente previste tra il 70 e il 95%, permettendo quindi di raggiungere un accordo tra gli stati partecipanti, le cui opinioni in merito erano le più disparate.
Come ribadito da Acot, gli accordi raggiunti sarebbero ben distanti da quanto necessario fare per ridurre effettivamente le emissioni.
Un altro punto dolente secondo lo studioso del clima riguarda gli aiuti da parte degli stati del nord del globo agli stati in via di sviluppo. La necessità di questi aiuti per lo sviluppo di tecnologie e di sistemi di produzione più sostenibili dal punto di vista ambientale, non rappresenta affatto una novità della conferenza di Parigi, in quanto questo principio era giù stato ribadito più di vent’anni fa a Rio de Janeiro, senza tuttavia portare a risultati tangibili.
Lo stanziamento di 100 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, anche se definito in toni entusiastici da alcuni stati membri, secondo Pascal Acot sarebbe irrisorio e poco significativo, soprattutto alla luce del fatto che non sono state definite le modalità di erogazione di questi stanziamenti.
Notizie ancora peggiori arrivano dagli impegni presi concretamente dagli stati che hanno partecipato alla conferenza di Parigi. Secondo le prime stime, gli interventi sarebbero infatti in grado di portare il riscaldamento al di sotto dei 3°C, cioè ben lontano dalla soglia definita di sicurezza.
Non possiamo che aggiungere che troppo rimane quindi ancora da fare, nonostante i presunti “miracoli” della diplomazia.
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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