I cambiamenti climatici e il riscaldamento globale sono realtà che non possiamo più ignorare. La Coldiretti si è chiesta quali siano le possibili conseguenze per il Made in Italy di un aumento generalizzato delle temperature. Sulla base delle stime effettuate dagli analisti Coldiretti è emerso che il progressivo riscaldamento del clima influenzerà in maniera determinante la filiera agroalimentare italiana. Già ora si possono constatare i primi cambiamenti.
L’allarme lanciato dalla Coldiretti per la salvaguardia del Made in Italy agroalimentare arriva in contemporanea con l’avvio della conferenza ONU sui cambiamenti climatici. La conferenza ha preso il via lo scorso 23 settembre, al termine della stagione estiva che è risultata essere la più calda di sempre.
A livello globale il 2014 ha fatto segnare una temperatura media più alta di 0,71° C rispetto alla temperatura media del XX secolo. In Italia le cose sono andate un po’ meglio – la temperatura media è stata più alta di soli 0,3° C rispetto al periodo di riferimento 1970-2000 – ma non c’è da stare allegri. Secondo Coldiretti il processo di riscaldamento aumenterà sempre di più la frequenza degli eventi meteo estremi, tra i quali forti temporali e “bombe d’acqua”, in grado di provocare gravi danni alle coltivazioni, stagionali e non.
Al di là degli eventi estremi, nel lungo termine l’aumento delle temperature porta a uno sfasamento delle stagioni e a variazioni climatiche di cui iniziamo già da ora a vedere gli effetti. Coldiretti ha constatato che negli ultimi 30 anni il vino italiano ha subito un aumento nella gradazione alcolica di 1 grado. Ciò è dovuto al calore che aumenta la quantità di zuccheri presenti nelle uve e di conseguenza la quantità di alcol risultante al termine del processo di fermentazione. Ma non è solo il vino italiano a subire le conseguenze del riscaldamento: cambiamenti anche piccoli nelle temperature alterano i processi produttivi di tante altre eccellenze del Made in Italy, come accade nel caso dell’affinamento dei formaggi e nella stagionatura dei salumi tipici.
I cambiamenti climatici in atto incidono anche sulle coltivazioni: non è un caso che molte coltivazioni caratteristiche del bacino del Mediterraneo, come i pomodori e il grano, trovino ora un clima ideale svariati chilometri più a Nord. Secondo Coldiretti negli ultimi anni circa la metà del grano duro prodotto in Italia e metà dei pomodori da conserva sono stati coltivati in Pianura Padana. L’aumento della temperatura media ha determinato uno spostamento verso Nord anche delle coltivazioni di ulivi.
Coldiretti, dati alla mano, lancia l’allarme per il Made in Italy: se non si adotteranno ferme azioni di contrasto ai cambiamenti climatici potrebbero manifestarsi danni irreversibili alle produzioni agroalimentari tipiche, che devono gran parte del loro successo a un mix di caratteristiche climatiche e ambientali messe ora a rischio dalle attività umane.
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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