La riduzione delle emissioni di CO2 è un impegno che molti stati, tra i quali il nostro, si sono presi per ridurre l’incidenza del cambiamento climatico in atto. Ma quali sono i risultati raggiunti dall’Italia? A spiegarlo è il rapporto Germanwatch 2015 che misurando il Climate Change Performance Index (CCPI) ha realizzato una classifica che analizza le politiche energetiche e climatiche di 58 paesi, Italia compresa.
Partiamo dai presupposti della ricerca; il Climate Change Performance Index è un indicatore che tiene in considerazione diversi fattori con un peso diverso nella determinazione del valore finale:
- 60% emissioni dello stato
- 10% sviluppo delle energie da fonti rinnovabili
- 10% efficienza energetica
- 10% politica climatica internazionale
- 10% politica climatica nazionale
Fatti i dovuti calcoli, il risultato è stato a dir poco deludente. Infatti secondo la ricerca nessuno stato avrebbe raggiunto
l’obiettivo di riduzioni delle emissioni necessario per mantenere l’innalzamento delle temperature al di sotto dei 2°C, cioè inferiori alla soglia massima per evitare danni irreversibili alla salute del pianeta. Significativo il fatto che i curatori della ricerca abbiano deciso di non attribuire i primi tre posti della classifica, che inizia quindi con il quarto posto attribuito alla Danimarca ed il quinto per la Svezia.
I primi dieci posti della classifica sono quasi interamente occupati da paesi europei con Gran Bretagna, Portogallo, Cipro, Irlanda, Svizzera, Francia, Islanda, Ungheria e Slovacchia ad occupare i primi posti. Unica eccezione al primato europeo il Marocco, che si è classificato al nono posto. In leggero miglioramento il nostro paese, che passa dal diciottesimo al diciassettesimo posto, preceduto dal Belgio ma con una performance complessiva migliore di altri stati europei come Germania, Norvegia o Spagna.
Scarsi invece i risultati di stati come Cina e Stati Uniti, che si sono classificati tra i paesi che hanno raggiunto i risultati peggiori, con il 44esimo e 45esimo posto. Fanalino di coda per l’indice CCPI è l’Arabia Saudita, preceduta da Australia, Kazakhstan e Canada.
L’indice ha fatto emergere però un trend positivo in corso praticamente in tutti i paesi analizzati e cioè una crescita dell’uso di fonti rinnovabili con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2.
Tornando ai risultati raggiunti dall’Italia secondo Legambiente, che ha curato la sezione dedicata del rapporto per il nostro paese, la riduzione delle emissioni sarebbe stata causata dalla recessione economica che ha causato un calo complessivo nella richiesta di energia. Se si considera però la sola politica nazionale sul clima, il nostro paese cade ai piedi della classifica. Secondo l’Agenzia Europea per il clima nella situazione attuale l’Italia non avrebbe la possibilità di rispettare gli impegni presi per la riduzione delle emissioni nei settori non-ETS (cioè ad esempio nel residenziale, nei trasporti o in agricoltura), dato che fa comprendere come ancora una volta il nostro paese necessiti di una svolta nelle politiche climatiche.
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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