Mettere insieme teste differenti non è mai semplice, soprattutto se si parla di argomenti così delicati come quello del Clima, delle emissioni inquinanti e della produzione energetica. Alcuni paesi, quelli cosiddetti ricchi, si sono arricchiti inquinando e la messa in discussione del loro “paradigma produttivo” è visto come una “minaccia”, più che come una “opportunità”.
Della conferenza sul clima da poco conclusasi a Lima abbiamo parlato in una paio di post precedenti. Le aspettative riguardo ad un accordo tra le nazioni partecipanti erano molto alte, anche alla luce di alcuni avvenimenti precedenti alla conferenza stessa, come l’accordo tra Stati Uniti e Cina per la riduzione delle emissioni globali o l’impegno alla riduzione delle emissioni di CO2 portato avanti dall’Unione Europea.
Le trattative tra i 195 stati partecipanti si sono concluse con l’approvazione in seduta plenaria di un documento comune, un compromesso che sarà alla base del prossimo passo verso la riduzione dell’impatto globale, cioè la conferenza di Parigi già programmata per il prossimo anno.
Gli accordi raggiunti a Lima prevedono che ogni stato partecipante si impegni entro ottobre 2015 nella definizione di obiettivi precisi nella riduzione delle emissioni inquinanti, con un accurato piano da seguire per la messa in pratica degli obiettivi stessi.
Le misure individuate saranno poi sottoposte ad un pool di esperti che ne valuterà l’effettiva praticabilità e l’adeguatezza rispetto all’obiettivo comune prefissato, cioè il mantenimento del riscaldamento globale entro i due gradi centigradi. Ulteriori azioni dovranno però essere messe in atto per verificare poi l’effettiva applicazione degli impegni presi anche ai livelli più bassi delle amministrazioni.
Il successo della conferenza di Lima ha segnato un importante passo verso una svolta globale non solo per l’importanza della riunione in sè, ma anche in quanto dalla sua riuscita dipende direttamente anche l’esito positivo del summit di Parigi, che dovrà dar vita ad un documento sostitutivo del protocollo di Kyoto con direttive ed impegni specifici.
Nonostante la riuscita del vertice però diverse voci critiche si sono levate sugli accordi presi in quanto gli obiettivi sono stati definiti come “troppo blandi”. In effetti il vertice mondiale sul Clima sembra puntare in basso, anzichè in alto.
Tuttavia il risultato raggiunto rappresenta comunque un primo passo verso una maggiore consapevolezza della problematica climatica, che ha permesso di superare anche le divergenze presenti soprattutto tra paesi più e meno industrializzati, in quanto questi ultimi accusavano gli stati più avanzati di voler far ricadere solo su di loro il costo dei tagli alle emissioni. Le trattative sono infatti proseguite ben oltre il limite temporale prefissato. La conferenza avrebbe dovuto chiudersi venerdì 12, ma il dibattito è proseguito fino alla giornata di sabato, giorno che ha visto la ratifica degli accordi.
Determinante il ruolo del presidente della conferenza e ministro peruviano dell’ambiente Manuel Pulgar Vidal che si è impegnato in prima persona per far sì che gli accordi potessero vedere davvero la luce.
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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