Lo smog non è solo un problema ambientale. Lo Smog è anche e soprattutto un problema sanitario che danneggia gravemente la salute dei cittadini. A confermarlo ancora una volta è una fonte per definizione scientifica e autorevole come è quella del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Nello specifico, a renderlo noto tramite un documento pubblicato dall’ufficio stampa CNR, è il Professor Giovanni Viegi, direttore dell’istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare del CNR e professore all’Università di Pisa.
Quali conseguenze concrete hanno lo smog e l’inquinamento sulle vite dei cittadini maggiormente esposti nelle grandi città? Non si tratta di un problema prettamente ambientale, ma di una questione sanitaria che coinvolge i bambini gli anziani e tutti i cittadini che vivono nelle nostre città.
Il termine “smog” esiste da circa un secolo, da quando il londinese Henry Antoine des Voeux, membro di una società contro i fumi da carbone, lo utilizzò per identificare quel “fumo” “presente nelle grandi città industriali e assente in campagna”.
Quando quel fumo a Londra (circa 63 anni fa) provocò 4mila morti aggiuntive ci si rese conto dei danni che smog e inquinamento da carbone provocava sulla salute di lavoratori e cittadini delle neonate città industriali.
Nell’ultimo mezzo secolo, la nuova scienza epidemiologica ambientale, ha continuato a studiare gli effetti dello smog individuando correlazioni significative tra l’inquinamento da smog, malattie della popolazione e decessi. Quello che ne emerge, ogni volta, in maniera chiara e incontrovertibile, è che l’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio certo per le malattie cardio-respiratorie.
L’inquinamento da smog è correlato alle mortalità per malattie cardio-respiratorie, tumori ai polmoni, ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie, asme, riniti allergiche, patologie respiratorie. Non solo, nelle società odierne, lo smog causa un incremento dell’assenteismo lavorativo e scolastico e crea la necessità di palliativi farmacologici quali broncodilatatori e simili. Tutto questo, come è facile intuire, comporta un forte aumento dei costi “sociali” sanitari ed economici.
L’inquinamento atmosferico si tramuta velocemente in costi sociali ed economici e questi costo sono, com’è ovvio, interamente a carico della collettività.
Ormai da 10 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso note le linee guida sui limiti delle emissioni delle particelle dannose in atmosfera. Stiamo parlando principalmente di: Particolato (PM), Ozono, Biossido di Azoto, Anidride Solforosa. Nel mondo i limiti di emissioni individuati sono molto più restrittivi rispetto a quelli assunti dall’Unione Europea, nonostante ciò in diverse aree i limiti sono spesso (troppo spesso) fuori norma. La Pianura Padana, insieme ad altre grandi città, sono tra le zone più inquinate d’Europa e superano di gran lunga i limiti di emissioni individuati dall’OMS.
Il numero annuale delle morti premature in Italia ammonta a circa 60mila anno per inalazione di PM2.5 (particella più fine del PM10), circa 3mila per inalazione di Ozono ed oltre 21mila per il Biossido di Azoto.
Vivere vicino a strade trafficate incide per il 15-30 per cento sull’aumento dei casi di asma su popolazione tra gli 0 e 17 anni. Per gli anziani, invece, incide significativamente sulla formazione di cardiopatie, ischemie e broncopneumopatie croniche.
Che fare, dunque?
In queste settimane l’attenzione dell’opinione pubblica è allertata dagli alti livelli di inquinamento presenti nel nord Italia e nelle grandi città di tutta Italia, accentuato da un clima che quest’anno è particolarmente secco e caldo. Quali strategie adottare? La letteratura scientifica ha dimostrato l’efficacia, ad esempio, dello stop al traffico privato urbano nei grandi centri. La riduzione permanente del biossido di Azoto e dei Particolati Sottili procurano benefici riscontrabili sulle malattie croniche respiratorie e la riduzione di eventi asmatici acuti. Stessa cosa per l’adozione di energie pulite per riscaldamento e trasporti.
A Dublino il divieto di utilizzare il carbone per il riscaldamento ha ridotto del 15% la mortalità per cause respiratorie nei 6 anni successivi. Negli Stati Uniti hanno dimostrato come ogni decremento di 10 microgrammi/metrocubo di PM2.5 aumenta di 7 mesi l’aspettativa media di vita della popolazione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella programmazione 2013-2020, ha invitato i governi ad intervenire contro le quattro principali malattie della nostra epoca: malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete. Tra le cause di queste malattie spicca l’inquinamento atmosferico.
“Tecnologie energetiche pulite, fotovoltaico, fonti rinnovabili: queste le leve per uno sviluppo sostenibile e consapevole. Il giornalismo ambientale e le nuove tecnologie sono ottimi strumenti di condivisione per tracciare nuove strade”
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